Cotto e mangiato: test Naish Hover Crossover 120

Ok, ammettiamolo: per quanto riguarda i test ci manca l’esperienza e l’organizzazione del nostro mentore Smink, che riesce ad organizzarsi per avere sempre qualcuno pronto ad immortalarlo tutte le volte che va a provare qualche nuovo giocattolo in acqua.

A questo giro il nostro test team avrebbe dovuto sfruttare le riprese on-board della GoPro Hero6 recentemente pervenuta in redazione, ma ovviamente con un colpo alla Fantozzi, il gingillo tecnologico è rimasto in carica in redazione, già pronto per la prossima uscita.

Poco male, se non altro siamo riusciti finalmente a mettere in acqua il Naish Hover con tanto di foil e a testarlo nelle sempre rognose condizioni tipiche dell’alto adriatico, con mare attivo, onda corta e incasinata, condita da chop incrociato.

Le condizioni tipo del test e lo sparring partner – Photo Cross Calla Action X3

Ebbene, anche in queste condizioni e nonostante la ruggine che ancora abbonda grazie alla lunga e poco generosa stagione invernale, siamo riusciti a passare in acqua abbastanza tempo per elaborare alcune considerazioni sulla questione SUP+foil.

La prima considerazione è che abituati ad entrare in acqua in maniera semplice ed immediata col nostro SUP quasi direttamente dalla spiaggia, quando si monta un foil sotto alla carena, le cose si complicano. E per fortuna che il nostro Naish montava un foil piantone “corto” da 55 cm, per cui per essere sicuri di non “arare” bastava camminare fino ad avere l’acqua all’altezza delle anche, che in Alto Adriatico non è detto che sia così vicino alla battigia!

Premettendo che in redazione raramente ci spingiamo a testare tavole più corte di 8’5” o 9’0”, arrivati al momento di salire sulla tavola e di cominciare a pagaiare, devo dire che la seconda difficoltà è proprio quella di gestire la “lunghezza” ridotta della tavola di soli 7’6”, lunghezza che però è abbastanza ben compensata dalla larghezza generosa di 30′ e dal volume di 120 litri.

La terza difficoltà è rappresentata dalla gestione dell’inerzia del bulbo da Coppa America che ondeggia sotto alla tavola, ma una volta capito come funzione, la sensazione è quella che questa inerzia possa essere addirittura utile a gestire l’equilibrio sulla tavola quando il chop laterale tende a fare perdere stabilità, ma richiede una gestione attiva del peso e della pressione sulla punta del piedi al momento del passaggio delle schiume, quando magari l’azione del foil tenderebbe a fare impennare la tavola, ma basta tenere giù la prua e la tavola passa magnificamente tutti i frangenti.

La quarta difficoltà è quella del take off, ovvero la partenza della surfata e quella del proverbiale “decollo”. Ebbene, per il take off e il decollo non servono onde potenti o lunghe, e proprio questa dovrebbe essere la ragione della futura grande diffusione del foil, infatti anche le nostre onde corte e abbastanza mosce dell’Adriatico sono più che sufficienti a dare l’abbrivio. Quello che ovviamente cambia è l’assetto sulla tavola che deve essere ben centrale e possibilmente col peso spostato più sul piede anteriore che non su quello posteriore, cioè quasi il contrario di quello che facciamo abitualmente quando sentiamo che la tavola sta per prendere velocità e stiamo per iniziare la surfata. E infatti la prima surfata è iniziata così, col peso sbilanciato indietro e sul bordo per impostare la surfata backside, e tavola che decollava e se ne partiva avanti da sola come un cavallo imbizzarrito, lasciandoci in acqua col terrore di poter essere colpiti dal foil.

Al secondo tentativo, comunque abbiamo registrato il primo successo e il primo decollo: niente di eclatante, ma abbiamo preso la nostra onda, abbiamo mantenuto l’equilibrio tenendo il peso in avanti al posto giusto e la tavola è partita velocemente in surfata. Non abbiamo avuto la sensazione di decollare e volare (forse anche per il fatto che il piantone della tavola è “corto”), ma il fatto che la tavola sia diventata improvvisamente leggera e libera sotto i nostri piedi e rimanesse davanti all’onda senza sentire la classica sensazione dell’acqua che sbatte sulla carena ci ha fatto capire che in effetti il foil stava facendo il suo lavoro.

Altra considerazione: avevamo sentito dire che il foil marcato Naish era un foil estremamente facile e stabile, e il fatto che al nostro secondo tentativo siamo riusciti a farlo funzionare e a farci una bella surfata congiungendo alcune sezioni di un’onda moscia e schiumosetta nonostante il nostro proverbiale scarso talento, direi che potrebbe essere un buon indizio che in effetti è proprio così.

Durante la session siamo riusciti a prendere diverse altre onde, alternandoci anche con l’utilizzo di un RRD Long 9’8” che in queste condizioni rappresenta un match winner e, detto fra noi, visto che mentre si surfa col foil si devono comunque fare curve lunghe e non troppo radicali, le sensazioni non sono molto diverse da quelle che in fin dei conti si provano surfando con un SUP long (fatta eccezione per il fatto che la tavola è libera sull’acqua e l’unica cosa che si avverte è il fischio del foil in acqua), ma l’impressione è che con un po’ più di pratica si possa riuscire a sfruttare la portanza generata pompando coi piedi sul foil per riuscire a partire e mantenere la velocità anche con onde ancora più piccole e mosce… sensazione che ovviamente proveremo a verificare alle prossime uscite!

Per il momento ci limitiamo a registrare una prima soddisfacente uscita con questo giocattolo di casa Naish, che per altro è dotato anche di inserti per le strap e piede d’albero per permettere un utilizzo anche come windsurf foil. Per cui non è escluso che da windsurfisti incalliti quali siamo non proveremo la Naish Hover Crossover 120 anche in versione windsurf. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi…



 

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