Arteriosclerosi e neoprene

Massimo, Piero e Sandro erano tre arzilli vecchietti ospiti o forse dovremmo dire prigionieri, di un istituto in Sardegna dove erano stati portati con l’inganno.
Mogli e figli esausti del comportamento dei tre, li avevano artatamente raggirati giocando sul nome di quella specie di ospizio , “Villa Scaduta”, ben sapendo che la posizione del suddetto Istituto, a sud-est di una splendida Baia battuta dai venti e dalle onde, avrebbe impedito loro ogni forma di ragionamento “razionale”.
Li avevano invogliati parlandogli di quel posto “meraviglioso”, facendosi sfuggire termini come “surf house” e lasciandogli capire che in pratica si trattava di “un surf trip” di un paio di settimane, mentre invece era già più di un anno che si trovavano prigionieri di quella specie di carcere di massima sicurezza, gestito da una specie di aguzzina che fungeva da caposala e responsabile.
Ma l’esausto parentame non sapeva che come Winston Churchill sotto le bombe tedesche, i tre baldi ottuagenari non si sarebbero mai arresi e che avevano escogitato un nuovo piano di fuga, preparandolo nei minimi particolari.
Nottetempo si sarebbero introdotti nel garage e lì, utilizzando il vecchio pulmino dell’Istituto, dopo averlo caricato di windsurf, tavole da sup ed attrezzatura varia di cui i parenti si erano liberati facendo finalmente spazio nei rispettivi garage, lo avrebbero usato per la fuga. Avrebbero poi preso il traghetto notturno per la Corsica e nessuno si sarebbe accorto di nulla prima del mattino seguente.
Sarebbero fuggiti di notte perché le poche volte che con una scusa o l’altra riuscivano ad uscire di giorno, l’implacabile caposala li teneva costantemente sotto controllo.
La vista che offrivano le finestre di quella specie di carcere di massima sicurezza era fantastica. Vedevano scadute da paura accompagnate spesso da un leggero vento da terra che rendeva le onde lisce e glassy e tutto questo alimentava il loro desiderio di fuga.
A dire il vero, i tre avevano tentato la fuga già diverse volte, arrivando molto vicini alla libertà ma purtroppo qualcosa era sempre andato storto.
L’ultima volta, quando sembrava “cosa fatta”, si erano fatti invece riacchiappare perché erano dovuti tornare indietro per recuperare un boma ed una pagaia che avevano dimenticato. Si sa, ad una certa età la testa non è più quella di una volta.
La caposala, già cattiva ed antipatica “al naturale”, quando beveva diventava anche laida e poi importunava sessualmente i tre vecchietti che per difendersi, la notte dormivano con la muta, sudandoci dentro come bestie, ma mantenendo intatto l’onore e soprattutto la propria autostima.
In realtà non che la caposala fosse orrenda, anzi, ma era una di quelle donne che nella vita aveva usato come anticoncezionale il suo carattere veramente… di merda!
I giorni passavano, e così le perturbazioni e le mareggiate, e i nostri arzilli prigionieri non si davano per vinti.
Era in un giorno di tramontana, guardando all’orizzonte la Corsica che appariva così nitida e poi non così lontana, che i tre avevano deciso di riprovarci…
Non avrebbero finito i loro giorni, aridi, nel senso di “essiccati dalla mancanza del contatto con l’acqua di mare”, in quel posto maledetto.
Mancavano pochi giorni al D-day. Il compleanno della caposala era imminente e le avevano fatto arrivare come regalo anonimo un paio di bottiglie di superalcolici. La donna in preda ai vapori dell’alcool avrebbe sicuramente bussato alla porta della loro camera dove uno dei tre si sarebbe immolato per dare il tempo agli altri di arrivare al garage sottostante, recuperare tavole e tutto il resto, caricarle sul pulmino e fuggire non appena la vittima sacrificale avesse fatto ritorno.
Per garantire l’anonimato, quindi l’onore di chi era stato sorteggiato e sacrificato, non se ne seppe mai il nome. Quello che si sa invece è che gli altri due, al primo tentennamento dello sfortunato, per assicurarsi che il piano riuscisse, lo avevano immobilizzato e suo malgrado riempito di pillole blu.
Come previsto, la sera, qualche ora dopo lo spegnimento delle luci, si sentì aprire la porta. La donna già discinta si presentò nella camera dove solo uno dei tre era senza muta, “la vittima”. Senza chiedersi perché, in un attimo gli fu addosso.
Nel buio e nella concitazione di quei momenti, gli altri due sgusciarono via dirigendosi nel garage.
Dopo aver caricato tutto però, si accorsero che il vecchio pulmino, usato raramente, non partiva. Panico !!!
Ormai era troppo tardi per tirarsi indietro e quindi a quel punto, escogitarono un piano B.
Portarono il tutto in spiaggia. Li legarono le tavole una dietro l’altra con sopra l’attrezzatura fino a comporre in pratica tre trenini. Poi armarono di vela, albero e boma sulla prima tavola di ogni fila. Sarebbero fuggiti via mare.
La vittima sacrificale si presentò in garage. Aveva il volto stravolto e una imbarazzante protuberanza tra le gambe. Era completamente livido ed il colorito del viso tendeva al blu.
Raccontò che l’infermiera tuffandosi dalla porta direttamente sul letto aveva sbattuto sulla testiera svenendo di colpo. Era rimasto con lei qualche minuto per accertarsi che non fosse nulla di grave e poi era sceso.
Gli altri fecero finta di crederci… e lo misero a conoscenza del nuovo piano. Non era facile ed anche pericoloso.
La Corsica di fatto era lontana, ma l’amicizia che ormai di anni che li univa alimentò il loro coraggio come vento sul fuoco.
Infilarono la muta “non senza difficoltà” all’amico e presero il largo, accompagnati da una favorevole brezza notturna e sognando un futuro fatto di libertà, di onde, di mare e di vento.

Di loro si persero le tracce. Qualcuno dice che non arrivarono mai a destinazione.
Qualcuno giura invece di averli riconosciuti su qualche spiaggia della Corsica durante una mareggiata o durante una bella scaduta, riconosciuti non tanto per le fisionomie ma per via del fatto che uno dei tre era sempre già in acqua ancor prima del sole faccia capolino all’orizzonte, un altro era sempre su tavole e vele diverse e sempre di dimensioni minimali ed il terzo, si buttava sempre in situazioni più grandi di lui e delle sue capacità, uscendone normalmente malconcio, ma portando sempre a casa la pelle!

Indiscrezioni parlano anche di sospette intercettazioni telefoniche della polizia. Si trattava di chiamate fatte con evidenti voci camuffate ad un’altra casa di riposo che ospita un ex commerciante di materiale da windsurf e da surf.
Da lì vicino poi partivano pacchi misteriosi per varie destinazioni sparse nell’isola.

Johnny Banzai

One thought on “Arteriosclerosi e neoprene

  • 18 Maggio 2018 in 18:01
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    Bellissimo racconto con tanto di suspense e finale irrisolto sulla fine dei tre protagonisti. Le atmosfere ricordano un pò quelle tra i film “Chi nasce tondo…” del 2007 con Valerio Mastandrea e “Cocoon” di Ron Howard del 1985. Complimenti a Johnny Banzai!

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