Fabio Giacomini

Quando lo vedi in azione in acqua a Ostia, capisci subito che hai a che fare con un “capo”. Ma il suo carisma non dipende solo dallo stile in surfata o dalla struttura fisica imponente. Stiamo parlando di Fabio Giacomini, shaper professionista dal 1980, per diversi anni titolare del brand “PIKE SURF” e da qualche anno libero professionista. Da quando il SUP è entrato nel suo modo di surfare le onde, cerca di applicare il suo approccio e la sua tecnica alla costruzione delle tavole SUP Surf. E anche se la rubrica “local Hero” gli sta decisamente stretta, se già non lo conoscevate, questa è la vostra occasione per imparare a conoscere uno personaggio della scena del SUP in Italia.

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Ciao Fabio, ti abbiamo presentato come shaper di tavole da surf dal 1980. Quando hai cominciato a fare SUP e come mai il SUP è entrato a far parte del tuo modo di vivere il mare?

Ciao, prima di tutto grazie per quest’intervista. È sempre difficile per noi shaper indipendenti riuscire ad emergere e destare interesse nell’opinione pubblica del settore in genere dominata dai “big brand”. Grazie ancora, una rara opportunità!

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Foto: Greg Ewing – Spot: The Wreck, Durban

Riguardo questa prima domanda vorrei dire prima di tutto che la mia vita professionale fino ad ora è stata percorsa da una sola motivazione: produrre tavole artigianali da surfing di qualunque specialità. Ho sempre puntato a realizzare prodotti ad alte prestazioni e mi sono per questo avvalso di rider che mi potessero dare feedback indicativi. Per citarne alcuni: Pietro Pacitto nel windsurf a fine anni 80, il Campione Sudafricano di surfing Clyde Martin negli anni 90 ed attualmente l’inglese Tom Hewitt nel progressive SUP surfing. Io stesso ho quasi sempre testato i miei modelli, compatibilmente col tempo libero a disposizione, che per fortuna è andato aumentando da quando ho deciso di trasferirmi in Sudafrica per lavorare come shaper e designer internazionale di tavole, dopo aver chiuso il capitolo “PIKE SURF” durato ben 20 anni in Italia. Durante tutti questi anni c’è stato sempre da parte mia uno studio continuo e costante nei miei design di tavole da surfing che continua tutt’ora con il SUP per la ricerca della miglior performance.

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Foto: Greg Ewing – Spot: The Wreck, Durban

Per quanto riguarda il SUP, diciamo che è stato un amore a prima vista! Sono nato in una località di mare, Ostia vicino Roma, ed essendo anche un atleta e sportivo, ho praticato diversi sport a contatto col mare: il windsurf negli anni 80 e poi il surf da onda. Nel caso del surfing shortboard purtroppo però mi sono subito reso conto che la mia struttura fisica più adatta al basket che al surf, non mi avrebbe permesso in Italia di praticare con frequenza questo sport che mi appassionava così tanto. Il caso volle però che già dopo due anni dalla mia partenza per Durban, vidi per la prima volta in Sudafrica un SUP della dimensione di “soli” 14 piedi col quale il proprietario della factory per cui lavoravo in quel periodo si divertiva a prendere onde. Colsi al volo quell’idea e pensai di produrre modelli di sup più piccoli per poter praticare progressive surfing, pensando soprattutto alla condizione di onda italiana che permette di esprimersi ben poco in questa disciplina. Progettai un design di sup per onda più piccolo di quelli in commercio, e con una prua a punta tipo shortboard. Per primo importai in Italia questo tipo di tavola da me realizzato artigianalmente nel 2007 in Sudafrica, anno in cui il SUP faceva capolino sul mercato italiano. Questi modelli di SUP da me prodotti artigianalmente, mi permisero di praticare in Italia ma anche all’estero surfing innovativo e radicale, cosa impossibile fino ad allora per una persona della mia corporatura!

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Foto: Greg Ewing – Spot: The Wreck, Durban

 Quali sono le condizioni in cui esci in genere in Sud Africa?

Di solito il Sudafrica viene identificato con le onde di Città del Capo o J-bay, cittadine di mare molto più’ battute dai surfers italiani rispetto a Durban. In realtà in Sudafrica la “Surf City” è Durban. Il vento scarso, la grande baia naturale a forma di uncino, la temperatura dell’acqua che oscilla tra i 20 ed i 25 gradi tutto l’anno e le lunghe destre lisce e tubanti fanno di questa località la palestra ideale per un surfer che voglia progredire tecnicamente. In città tutti gli spot sono protetti da reti antisqualo, quindi sicuri. Le onde di solito hanno un’altezza da 1/1,5mt a 3mt visti di faccia. Comunque, a seconda della direzione della mareggiata, la dimensione delle onde può aumentare ed arrivare anche a 10mt di altezza durante l’anno. Il mio home spot a Durban è “The Wreck”, dove un relitto sul fondale crea un’onda potente, lunga e molto tecnica. Il New Pier lo spot più’ famoso come anche altri in città sono purtroppo sempre affollati e non è permesso di uscire in tranquillità col SUP, seppur piccolo. Sono un surfer a cui piace migliorare la tecnica ed eseguire manovre nel pocket dell’onda la mia misura ideale d’onda è 1,50/2mt (4foot). Esco anche con condizioni più grosse, ma mai superiori ai 4,5 mt (6foot) che è al momento il mio limite di dimensione d’onda.

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Foto: Greg Ewing – Spot: The Wreck, Durban

 Quali sono le condizioni in cui esci mediamente in Italia?

Prima di tutto un grazie per avermi dato del “local”. Effettivamente potrei definirmi così, considerando che preferisco uscire sempre sullo spot che frequento abitualmente e non amo per nulla girare e mettermi in viaggio a cercare onde. Preferisco adattarmi e cercare di intercettare la condizione migliore nel posto dove mi trovo. Anche negli anni passati non mi sono mai mosso da Ostia. Non sono mai stato a Banzai o ad Anzio ad esempio, spot battuti da quasi tutti i surfer laziali, ma troppo affollati per i mie gusti. Quando esco e mi alleno ho bisogno di concentrazione e quasi sempre entro in solitaria anche in Sudafrica. Ritengo poi che Ostia non sia poi così male per praticare surfing, se si conoscono bene la zona e le carte marine. Prediligo sempre la condizione con leggero vento offshore e onda pulita che ad Ostia è abbastanza frequente, anche se di piccola dimensione purtroppo. Raramente esco con vento onshore ed onda spezzata, ribadisco che il mio scopo in acqua e quello di progredire nella tecnica per cui se non ho la condizione giusta per provare curve non entro, il surfing solo per bagnarmi non mi attrae più di tanto… 

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Fabio Giacomini in azione sulle onde nostrane…

Pur essendo un rider radicale abituato a uscire con le onde del Sud Africa, non disdegni le onde mediamente piccole del Belpaese per le quali comunque utilizzi tavole abbastanza radicali, considerata la tua stazza. Potresti spiegarci perché?

Grazie per questa domanda che mi da’ la possibilità’ di entrare nell’argomento tecnico dello shaping e vorrei cominciare col citare una famosa legge del surfing che dovrebbero conoscere tutti: Onda piccola = Tavola piccola e Onda grossa = Tavola grossa. Se vogliamo considerare il SUP come un surfboard un po’ più grande del normale sul quale volessimo esprimere del surfing innovativo tipo shortboard tradizionale (come citano i regolamenti), dovremmo sicuramente utilizzare una tavola a punta, abbastanza corta e non troppo larga, come appunto uno shortboard tradizionale. L’elemento che però nel SUP fa la differenza per aumentare la prestazioni surfing oltre le dimensioni è il volume. Infatti così come la tavola shortboard tradizionale parte sotto il pelo dell’acqua per sfruttare tutta l’energia dell’onda, anche il sup adatto ad esprimere il progressive surfing dovrà avere il bordo sotto il pelo dell’acqua con il surfer in piedi sopra di esso. Per il giusto rapporto peso del surfer volume del progressive sup surfing ho pubblicato nel 2010 una tabella che ritengo tutt’ora valida. Anche la tavola da SUP surfing quindi, come lo shortboard deve essere leggermente affondata per sfruttare tutta l’energia dell’onda. Solo in questa modalità potrà essere altrettanto veloce e reattiva in manovra come un surf. Detto questo, io utilizzo una tavola piccola e fina per onda piccola fino ad un metro ed una tavola leggermente più grande e voluminosa per l’onda più grossa e potente. Questa mia teoria ha ancora difficoltà nell’essere compresa, essendo molto legata all’argomento tecnico di cui molti non sono competenti in Italia. Il futuro dello sport sarà sicuramente il progressive SUP surfing. Lo vediamo dall’interpretazione dello stesso da parte dei pro e lo vediamo anche tra i nostri supper che pian piano stanno riducendo sempre più le dimensioni delle loro tavole. È per questo motivo che nel 2010 ho avviato il Sup Wave Club per far conoscere a tutti questo modo di far surfing col SUP. La mia scuola è l’unica in Italia che insegna progressive SUP surfing, e attraverso le mie competenze di shaper e atleta di progressive SUP surfing cerco di dare nel mio piccolo il giusto indirizzo alla disciplina che in Italia tuttora viene purtroppo interpretata in maniera molto differente da quello che dicono i regolamenti internazionali. Spero che la nuova federazione FISW SURFING riesca presto anch’essa a capire la reale interpretazione di questo sport sull’onda.

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Oltre al lavoro di shaper, se uno che sta in acqua il più possibile a provare le proprie tavole, sei anche responsabile nazionale FISS sup e surfing, organizzi gare in Italia con ASI e gestisci una scuola Sup surfing e race a Roma (Ostia SUP WAVE CLUB, ndr)… Dove trovi l’energia per fare tutte queste cose?

Prima di rispondere ci tengo a dire che i miei impegni nel settore sono ben maggiori:

-Dirigente in ASI Ente di promozione Sportiva riconosciuto da CONI con la qualifica di responsabile Nazionale del settore Sup e Surfing, ho redatto per ASI i regolamenti dei settori, sono formatore di Istruttori e giudici per il SUP ed il surfing, organizzo inoltre Campionati Nazionali per il Surfing, Sup Race e Sup Surfing , tutto all’interno dell’Ente.

– Sono stato il Fondatore di FISS un’Associazione Surfing che tutt’ora organizza gare ed eventi e Presidente del Sup Wave Club dove ha sede anche la mia scuola di progressive sup surfing

– Sono anche il fondatore e docente della Handcrafting Surfboard Acedemy una scuola da me attivata per insegnare il mestiere di shaper e di costruttore artigianale di tavole da surf con sede a Roma. Svolgo questo lavoro di insegnante anche presso la Onlus Sudafricana “Surfers Not Street Childrens” per il recupero di ragazzi emarginati, dando loro una possibilità di poter essere impiegati nel settore surfing.

Sicuramente l’energia che metto è tanta per stare dietro a tutto quanto, ma la mia vita è totalmente impregnata della mia passione principale, cioè fare ottime tavole, utilizzarle e farle utilizzare ai surfer nel modo corretto. L’esigenza di avviare una scuola shaping era scontata: volevo tramandare le mie conoscenze di quasi 40 anni di attività!

Per quello che riguarda invece le attività svolte in seno ad ASI, presso Sup Wave Club e Fiss, la motivazione è di voler dare un altro punto di vista riguardo il surfing: non all’italiana, ma più allineato con la cultura surfing internazionale, di cui umilmente mi faccio portavoce vivendo per parte dell’anno anche all’estero.

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Nonostante tutte le cose che hai realizzato e che stai realizzando… hai ancora un sogno nel cassetto?

Sogni ce ne sono sempre tanti legati alla mia professione e ritengo che possano essere tutti abbastanza realizzabili con tempo e dedizione. In ogni caso vado piano e lento, non ho fretta. Step by step. Proprio da pochi mesi sto lavorando sul mio prossimo obiettivo che spero di raggiungere a medio termine. Vi terrò aggiornati sugli sviluppi…

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Le onde che sogni di andare a surfare col tuo SUP? 

Come detto precedentemente non sono un grande surfing traveller se mi muovessi mi piacerebbe più abbinare la cosa anche alla mia professione di shaper. Sono già’ molto soddisfatto delle onde Sudafricane ed Italiane.

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